Mi capita sempre più spesso, d'improvviso il ricordo sconfina nel mio spazio visivo e mi lascia senza fiato. Nei miei occhi appare L’urlo, il più celebre quadro di Munch.
E diventa un incubo, un precipitare nel vuoto senza possibilità di fermarsi. Vorrei gridare, urlare, ma la voce mi si blocca in gola.

Mi capita sempre più spesso, ormai anche di giorno. Ma io non mi fermo, continuo a camminare sull’orlo dell’abisso. Quell’immagine ora la rivedo ovunque, per strada, nello sguardo di tanti, troppi.

Mi dico che il grido è la prima azione di ogni bimbo per connettersi alla luce, la prima vocale che dà senso alla vita: «Urla, se vuoi, bimbo. Devi urlare. Non c’è nulla di male. Piangi, apri i polmoni figlio!». Invano. Io invece resto senza fiato, in quella apnea che precede il panico.

Mi torna in mente un film di Nanni Moretti: Habemus Papam. Il pontefice appena eletto non vuole presentarsi alla folla e il balcone rimane vuoto, l’attesa resta vana.
La parola non esce perché nessuno la comprenderebbe. Il vero incubo non è l’urlo, ma il silenzio. L’afasia.
Nel capolavoro di Munch la bocca è tutta spalancata, ma c’è solo silenzio.

Io mi dico che in fondo sono un uomo fortunato. Non posso certo lamentarmi: ho casa, lavoro, famiglia. Ecco, forse questo potrei gridarlo forte.
Ma anche stavolta la voce mi si impiglia tra i denti e diventa un afono sussurro… Tanto fa lo stesso, nessuno mi ascolterebbe. Inutile gridare in tale assordante silenzio dei tempi.

Così stanotte ho fatto una vera pazzia: sono salito a piedi sul monte, la luna mi ha indicato il percorso.
Giunto in cima ho ululato alle stelle, con tutto il fiato che avevo.
Credevo di esser solo. Poi dalle valli tutt’intorno – da sud, nord, est, ovest – ho ricevuto in risposta l’ululato di mille lupi solitari.
Con gioia, sorpresa, gratitudine.

Oscar Brilli - Voci dal Centro - 2020

Con questo racconto breve Oscar Brilli da inizio ad una collaborazione tra i farmalibri e la farmacia cataldi carcano di fiuggi per divulgare il moderno concetto di salute OMS che vede la malattia sempre anche da un lato psichico, mentale, relazionale, oltre che organico. La relazione medico-paziente ad esempio è un elemento indispensabile in ogni terapia, ancor più oggi in questa situazione epocale di trasformazione in cui ci troviamo.

Ognuno ha nella pancia un urlo che sta diventando gemito. Ognuno deve avere la possibilità di raccontarsi, condividere qualcosa che poi si scopre essere comune. Questo fa bene non perché "mal comune mezzo gaudio" (che è una cazzata), fa bene perché condividendo un problema comune ci si avvicina alla soluzione. E fa meno male, anzi è una stimolo all'azione: guarire.  

Oscar Brilli invita tutti voi ad esprimere un proprio grido - quello che viene - a mostrare  il proprio desiderio di felicità - per tutti - a dichiarare la speranza che tra breve ne usciamo fuori - insieme -  a prenderci metaforicamente per mano senza amuchina - ridendo.   

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